In quegli scritti la torrida tristezza di un uomo umiliato e offeso, la metafora amara di una devastazione quasi ultimata.
Marco Pantani morirà un anno dopo, il 14 febbraio del 2004, ma in quelle righe disordinate – che grondano rabbia e frustrazione – si percepiscono chiaramente gli ultimi respiri di un campione già morto da tempo.
A ricordarci, come un pugno nello stomaco, il dramma eterno del Pirata è, ancora una volta, Mamma Tonina che, in questi giorni, sulla sua pagina facebook, ha pubblicato il “testamento” spirituale di Marco, gli scritti che immortalano in calce la sua tragedia.
Quel lascito epistolare risale al dicembre 2003, durante il suo secondo ed ultimo soggiorno a Cuba, quando Pantani prese il suo passaporto e lo trasformò in una sorta di diario sul quale annotare le sue “memorie”. Si tratta di una serie di amare riflessioni, di accuse verso il suo mondo, quello del ciclismo, dal quale si è sentito abbandonato, tradito e utilizzato come capro espiatorio di un sistema malato fino all’osso.
In quelle lettere – alcune mai viste prima – la disperazione di un uomo che, nel momento più tragico, punta l’indice contro chi sapeva ma che, per convenienza, ha taciuto: “Mi sento ferito – scrive Marco – ma tutti i ragazzi che credevano in me devono parlare”.
In quegli scritti c’è la mappa ferale del disagio che lo accompagnerà, fino all’ultimo istante, nel lungo viaggio verso la morte terrena. Una morte – scrive Tonina – che resterà per sempre sulla coscienza dei suoi carnefici.