“Sostengono che solo il tempo dirà se saremo stati all’altezza di questa sfida inedita e drammatica. Ho però una certezza, come la ebbi ai tempi del tremendo terremoto che scosse parte della nostra regione circa otto anni fa: irrecuperabile sarà solo la presenza di chi ci ha lasciato. Oggi come allora. In primo luogo per i propri famigliari, i parenti, gli amici e la stessa comunità. Tutto il resto si può e si deve recuperare, ricostruire”. Così il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini in una lettera di 2144 caratteri postata ieri sera sulla sua pagina facebook.
“Sarà una prova durissima – scrive il Governatore – per i danni economici e sociali che accompagnano e accompagneranno l’emergenza sanitaria. E da soli non basteremo, serviranno anche una Europa che metta al bando gli egoismi e l’austerità, al servizio davvero dei popoli e dei territori, così come un governo nazionale all’altezza del compito. Ma serviremo anche noi, perché mi hanno insegnato che non si può solo chiedere agli altri, ma è necessario anche che ognuno faccia bene i compiti a casa propria. Parlando poco e provando a lavorare tanto”.
“Ma io una cosa la so: potremo sempre contare sulla gente di questa terra, che non molla mai. Ce lo hanno insegnato i nostri nonni e i nostri padri che, dopo le macerie lasciate dal nazifascismo e dalla seconda guerra mondiale, seppero trasformare una terra allora poverissima (da qui si emigrava per sopravvivere) in una delle realtà con la qualità della vita tra le prime in Europa. In termini di reddito, occupazione e qualità dei servizi pubblici, ad esempio quelli sanitari o per l’infanzia. In Emilia sorsero distretti manifatturieri che competono per qualità con i territori più avanzati del mondo (la meccanica, i motori, la ceramica, l’agroalimentare, il biomedicale, la moda), in Romagna oltre ad alcuni di quei distretti, anche un’industria turistica che, pur non disponendo del mar dei Caraibi, è diventata tra le prime al mondo. Gli emiliano-romagnoli sono così, anche di fronte ai problemi più grandi si lamentano poco e si rimboccano le maniche. E, appunto, non mollano mai. ‘Tin bota’ ci dicevamo in dialetto dopo il sisma, serve dircelo ancora oggi. Sarà durissima – conclude Bonaccini – ma ce la faremo. E ce la faremo insieme, ancora una volta. Per i nostri figli, in primo luogo”.