Ci hanno sperato in tanti: negozianti, artigiani, piccoli esercenti. I prestiti da 25.000 euro – per quanto pur sempre debiti – con il tasso (quasi) zero e le mini-rate spalmate in almeno sei anni, in uno scenario di avvilente incertezza, sembravano la migliore soluzione possibile. E invece quello che era stato presentato come un finanziamento accessibile a tutti sta diventando – tra vincoli e condizioni – un’opportunità solo per pochi.
Primo limite: i cosiddetti “mini prestiti” hanno la garanzia statale automatica del 100%, ma le banche non sono vincolate a concederlo e, dunque, possono sempre effettuare la loro istruttoria per stabilire se il richiedente ha i requisiti necessari. Dunque, in caso di black-list o di segnalazioni, l’istituto può anche rifiutare l’erogazione. Tanto più che, se si considera un valore medio dei prestiti stimato in questo momento a 15mila euro, si arriva a circa un massimo di 340-350mila operazioni possibili. Quindi, con risorse limitate, sarà necessario stilare una griglia e, come sempre accade nel mondo del credito, saranno privilegiati coloro che dispongono delle garanzie più solide.
Secondo limite: Il prestito può arrivare a 25mila euro, ma sempre entro il limite del 25% dei ricavi. Dunque, farà fede l’incasso denunciato nel 2018 (visto che le dichiarazioni del 2019 non sono ancora disponibili). Per intenderci, chi ha incassato quell’anno 40mila euro potrà richiedere al massimo, a quelle condizioni specifiche, un prestito di 10mila euro. Per poter quindi usufruire del tetto massimo dei 25mila euro, bisognerà aver incassato oltre 100mila euro, una soglia non comune a tutti, soprattutto nel settore del commercio.
Terzo limite: Non vi venga in mente di “taroccare” i dati relativi agli incassi perché, anche se in questa fase funziona l’autocertificazione, come da prassi del Fondo, è prevista poi l’autorizzazione a controlli ed ispezioni. Per indebita fruizione si richiamano le sanzioni previste dal Dlgs 123 del 1998, ovvero da due a quattro volte l’importo dell’intervento.
In questi giorni, la maggior parte delle persone che chiedono informazioni ai propri istituti bancari, si sentono rispondere: “E’ ancora presto, non abbiamo ricevuto tutte le informazioni per passare ad una fase operativa”.
A tal proposito, proprio questa mattina, il Comitato esecutivo dell’Abi, riunito in videoconferenza, ha sottolineato “le difficoltà nelle quali le banche si trovano ad operare: le dichiarazioni di immediata disponibilità delle forme di anticipazione di liquidità non hanno tenuto infatti in conto degli adempimenti, non dipendenti dalle banche, non sempre ancora completati e che impediscono alle banche di attuare, fino ad ora, le misure di liquidità, che necessiterebbero di semplificazioni. Le banche, per poter operare nel rispetto della legge, delle norme di vigilanza e della sana e prudente gestione che sempre devono rispettare anche nella fase dell’emergenza e dell’urgenza, hanno infatti necessità di avere certezze giuridiche su strumenti e modalità operative. In ogni caso – ha concluso Abi – le banche stanno facendo tutto quanto è possibile e talvolta l’impossibile per essere vicine alle famiglie, alle imprese, a tutte le persone e categorie sociali così duramente colpite dall’emergenza”.