Terzo Martinetti è uno dei “grandi saggi” del nostro turismo, uno degli imprenditori più lungimiranti e preparati. Dopo l’esperienza Gesturist, oggi dirige il camping di Cesenatico ed è impegnato nella gestione del Parco Acquatico di Atlantica, due strutture che ogni anno garantiscono lavoro a circa 160 persone.
Tra la ridda di opinioni, alcune autorevoli altre irrisorie, la sua parola conta. E allora, nel momento più cupo della nostra storia, le sue riflessioni, forse, possono tornarci utili.
Martinetti, il sindaco Gozzoli ha detto: “Sarà diversa, sarà strana, ma Cesenatico avrà la sua estate…”. Anche lei la pensa così?
“Direi di sì anche se, mai come oggi, bisogna essere realisti e, soprattutto, ragionevoli. La voglia di ripartire non manca di certo, ma non si possono ignorare i bollettini sanitari che, a due mesi dall’inizio di questa emergenza, ci parlano ancora di 500 morti ogni giorno nelle regioni del Nord. Un dato che fa impressione”.
Dunque, non ci resta che attendere…
“Il mare e l’aria aperta sono condizioni che aiutano, soprattutto dopo che ci hanno detto, con chiara evidenza scientifica, che né l’acqua né la sabbia sono veicoli di contagio. Ma, finché la gente si ammala, bisognerà ragionare con la massima cautela perché al primo posto ci deve essere sempre la salute dei turisti e dei lavoratori. Non ho alcuna difficoltà ad aspettare una settimana in più ma, quando ci garantiranno che si può ripartire, vorrei farlo in totale sicurezza. Anche perché, quando si parla di turismo, l’aspetto emotivo non è marginale. Non ci illudiamo che qualcuno possa solo pensare di tornare in vacanza con la paura di ammalarsi”.
Steward da spiaggia, pranzi in orari scaglionati o in modalità “service room”, distanze sociali, sanificazione degli ambienti, ingressi contingentati nei luoghi pubblici: con queste regole si può fare il nostro turismo?
“Secondo me sì anche perché le presenze saranno molto meno rispetto all’estate scorsa e dunque il problema delle distanze sociali, in molti casi, si risolverà da sé. Il bagnino che, ad esempio, stendeva in spiaggia 200 ombrelloni, quest’anno probabilmente dovrà limitarsi a piantarne non più di cento. Ma, con questi chiari di luna, anche senza i nuovi protocolli sanitari, temo che quei cento ombrelloni saranno più che sufficienti. Poi, magari, uno steward potrà anche servire ma vedrete che applicare certe norme non sarà così complicato”.
Ciò che preoccupa gli operatori turistici non è tanto la possibilità di riaprire, quanto la sostenibilità economica delle loro imprese che, probabilmente – un po’ per il crollo delle presenze e un po’ per le norme sulle distanze sociali – saranno obbligate a lavorare a ritmi ridotti. Molti pensano: “Se già so che andrò in perdita, che senso ha aprire?”…
“Non sono d’accordo. Quando le condizioni ce lo permetteranno e la sicurezza sarà garantita al 100%, un’impresa non può restare chiusa. C’è la necessità di dare continuità alle attività, non posso dire ‘salto l’anno’ perché rischierei seriamente di perdere la mia clientela e la mia posizione sul mercato. Quest’anno, mettiamocelo in testa, sarà un anno in cui nessuno guadagnerà un euro. I più bravi, al massimo, conterranno le perdite, ma nelle aziende non si può ragionare nel breve periodo e se un anno va male non si può dire ‘beh, allora io mollo’. Per questo 2020, le nostre aziende diventeranno delle start-up e dunque, anche senza marginalità, dovremo provare ad aprire. Del resto, se i pionieri del turismo, quelli che hanno costruito gli alberghi negli anni ’50, avessero ragionato solo con le proiezioni di guadagno, probabilmente non avrebbero mai aperto le loro imprese”.
Campeggio e Atlantica: qual è la situazione?
Il campeggio è, più o meno, sulla stessa barca degli alberghi e quindi lì non ci resta che aspettare il nulla-osta delle istituzioni. Per Atlantica, invece, il capitolo è tutto da scrivere perché se, da una parte, il sole e l’acqua con il cloro sono condizioni che aiutano, dall’altra l’aggregazione e l’assembramento sono parte integrante di quell’attività. Va detto che il parco è molto grande, circa 60mila metri e dunque se, facendo un calcolo elementare, dividiamo questo numero per l’affluenza media – che è di circa 2000 persone – ogni cliente avrà a disposizione 30 metri quadri, quindi un distanziamento sociale più che garantito. So già però che il discorso sarà un po’ diverso e che, come tanti altri parchi di divertimento, per noi il semaforo verde scatterà quasi per ultimi, spero comunque a luglio. Lo dico anche perché noi, tra campeggio e parco acquatico, diamo lavoro ogni stagione a circa 160 persone. Penso che mantenere questi livelli occupazionali sarà praticamente impossibile ma, anche nell’interesse del territorio, speriamo di poter garantire il maggior numero di contratti possibile”.
Il giro d’Italia, probabilmente, passerà da Cesenatico a metà ottobre: sarà l’occasione per provare ad allungare la stagione turistica?
“Molto dipenderà come sempre dal meteo, anche perché, purtroppo, nella nostra primavera in quarantena, ci siamo trovati di fronte a condizioni climatiche quasi uniche, direi californiane. Dunque, non è scontato che l’autunno vada allo stesso modo. In ogni caso, Cesenatico già da tempo si è caratterizzata come una località turistica viva tutto l’anno, per cui il Giro d’Italia può essere sicuramente un traino promozionale importante”.
Accesso agevolato al credito, sospensione delle imposte, indennità per gli stagionali: come valuta l’operato del Governo in questa situazione?
Penso che l’unica cosa realmente efficace siano stati gli ammortizzatori sociali, in primis la cassa integrazione, anche se ancora non è arrivata, e poi i 600 euro. Sul resto, siamo ancora indietro e l’azione del governo lascia molto, ma molto, a desiderare. Quella del credito mi pare una strada quasi demenziale perché non si possono concedere le garanzie di stato e poi consentire alle banche, prima dell’erogazione, di fare la loro tradizionale istruttoria. Che senso ha la garanzia di Stato se poi per avere i soldi sul conto corrente devo aspettare 3-4 mesi? In altri paesi le cose sono andate in maniera molto diversa: di fronte alle garanzie dello Stato, la banca ha saltato l’istruttoria erogando velocemente la liquidità. Inoltre, i sei anni per pagare un mutuo rappresentano un arco temporale troppo ridotto per poter pensare a degli interventi strutturali importanti nelle nostre attività. Quando, terminata l’emergenza, si partirà con la ricostruzione, il mondo del credito dovrà fornire tempistiche molto più ampie, almeno vent’anni, diversamente quello della liquidità sarà un problema molto serio. E il discorso va fatto anche nell’interesse dello Stato perché con le imprese che falliscono il gettito fiscale decresce e la disoccupazione sale alle stelle”.
Una proposta concreta a livello locale?
In primis, un alleggerimento sostanziale dei processi burocratici perché, una volta che si potrà ripartire, le autorizzazioni andranno rilasciate in maniera più veloce. E poi, punto centrale, certi tributi andranno rimodulati. Penso, in particolare, alla tariffa sui rifiuti che è stata posticipata, ma che non può essere lasciata invariata. Anche perché, in questi mesi, il servizio si è interrotto. Gran parte delle attività, negli ultimi due mesi, non hanno prodotto un solo chilo di rifiuti e quindi di questo bisognerà tenerne conto. Il problema non è tanto del Comune quanto di Hera che ha effettuato due-tre mesi di servizi in meno. Quindi spostare il pagamento delle imposte aiuta ma non basta. Quei tributi, per una questione di buon senso, vanno ridotti”.
Si parla tanto di rilancio turistico, di reazione comunitaria, di capacità di risollevarsi. Più o meno gli stessi discorsi che, nel 1989, sentivamo in piena emergenza mucillagine. A proposito, vede delle analogie con quegli anni?
“Certi discorsi sono anche simili, ma parliamo di due situazioni molto diverse. Anche perché qui ci sono 25mila morti e le attività chiuse da tre mesi, mentre in quegli anni si fermò solo una parte di turismo, quella legata al filone balneare. Piuttosto vedo delle analogie con gli anni della guerra. Io sono del 1958, quindi la guerra non l’ho vissuta in prima persona, ma i ragionamenti che sentivo in famiglia erano, più o meno, quelli di adesso, ovvero la necessità di rimboccarsi le maniche e di ripartire tutti da zero. E oggi capisco anche le frasi dei più anziani che, memori degli anni bui dei bombardamenti, dicevano serafici: ‘tranquilli, tanto peggio di così non potrà andare’…”.