a cura di Walter Valeri
L’unica verità è quella che facciamo nascere nella mente degli altri. Sono parole di Tonino Guerra. Da cui ne possiamo dedurre che c‘è una gola squarciata in tutto quel che resta, come desiderio. Non è mai la stessa verità che si pesca nel dire la vita, gioiosa o triste che sia. Diverse e sempre mutevoli sono le velocità del presente. Il presente non è mai semplicemente paragonabile ad un infernale passato. Lo è solo nelle menti guaste, nei volti degli ipocriti o degli ‘odiatori’ di professione. Sessant’anni di consumismo e cultura di massa, lo spessore sinistro delle cose che ci circondano, hanno messo al mondo i loro derivati.

Hanno operato ad ogni livello, compreso il farsi dei versi. La poesia che in alcuni casi, sino alla fine degli anni ’70, si opponeva come freno e luogo ideale, ha esaurito la sua fase testimoniale. Ne erano prova i versi civili di Elsa Morante, Pasolini, Sereni, Fortini, Raboni, Amelia Rosselli, Roberto Roversi e altri. Ciò che rimane, come dopo il passaggio di un ciclone filmato di spalle, sta allagando i cortili sotto casa, spazzando via tutto e tutti. E certamente anche questa mia antologia di versi, dal titolo Fatti di Poesia, memoria di un ciclostilato che fu all’origine della rivista Sul Porto, fondata a Cesenatico con Ferruccio Benzoni e Stefano Simocelli alla metà degli anni ‘70.

Sappiamo bene che la poesia è un’amorosa presenza, “un’eresia che non cerca il rogo, perché anche i roghi sono stati consumati. Un poeta non si crede un martire, una vittima innocente del potere organizzato. È inutile sostenerlo. Il poeta non è vittima, ma nella sua contraddizione, è un vincitore alla fine, un vincitore che porta a termine una partita abbandonata dall’avversario”. Sono parole di Alfonso Gatto pronunciate a Cesenatico e pubblicate molti anni fa. Io ne ero testimone assieme a Ferruccio e Stefano e ne sono ancora convinto.

Le parole della poesia sono parole che includono, dialogano, incutono rispetto, allontanano ogni discriminazione e soffrono l’ingiustizia, il narcisistico ripiegamento su sé medesimi “Occorre sempre domandarsi di fronte ad un testo poetico, differentemente da quanto accade solitamente nella più lineare prosa: chi parla? Chi è il Soggetto dell’enunciato? Ed infine: qual è l’oggetto della poesia, il suo referente interno ed esterno?” Forse, e lo dico provocatoriamente: i poeti esistono per non essere prigionieri della loro perizia linguistica. Persino ‘Il dolore ‘contiene in sé un elemento comico che non va trascurato’, diceva Franco Fortini. Poi la morte è quello che è. Tutti si muore, compreso i poeti. La morte definisce la vita di tutti, non prevede sconti, mentre l’ansia di libertà, uguaglianza, amicizia e dignità ci affratella, almeno dovrebbero.