L’atto è scontato, gli esiti un po’ meno. Ieri, dopo l’annuncio dell’ingresso dell’Emilia Romagna in zona arancione, il presidente regionale Stefano Bonaccini – assieme ai governatori delle altre 4 regioni “arancioni” (Veneto, Lombardia, Calabria e Sicilia) – ha chiesto con una lettera al Governo “di fornire doverose e puntuali rassicurazioni circa un’immediata messa in campo di ristori e la loro quantificazione”. Questo per evitare, scrivono Bonaccini, Zaia, Fontana, Spirlì e Musumeci, “ulteriori penalizzazioni alle categorie colpite e per scongiurare il rischio che interi comparti vengano definitivamente cancellati dalla geografia economica delle nostre Regioni”.
Atto dovuto, si diceva, ma lo scenario non è affatto incoraggiante. L’arancione, come noto, genera un danno devastante a bar e ristoranti, così come ai centri commerciali. Lo stesso si potrebbe dire per i negozi che, con le drastiche limitazioni di spostamenti fra comuni, accusano un calo verticale di incassi. Ma in quest’ultimo caso, poiché l’apertura è consentita, il ristoro pare non sia dovuto…
In ogni caso, l’ultima ordinanza ha inferto una nuova mazzata ai fatturati già in ginocchio di migliaia di attività commerciali. E l’andamento del contagio suggerisce che questo potrebbe essere solo il prologo di misure più estese e più dure. Ma, per il momento, al di là dell’appello corale dei cinque governatori, sulle norme per i nuovi indennizzi è sceso il silenzio.
Intanto, nella legge di bilancio il governo aveva accantonato con una certa dose di prudenza un fondo da 3,8 miliardi che sarebbero stati subito a disposizione per i nuovi aiuti. Ma i deputati (i senatori hanno potuto solo ratificare le decisioni di Montecitorio) hanno preferito dirottare quei fondi altrove. Ad esempio sull’incentivo alle auto elettriche fino a 40mila euro, a patto che però l’acquisto sia deciso da famiglie con Isee fino a 30mila euro, sull’incentivo per sostituire rubinetti e sciacquoni, quello per gli occhiali o i telefonini. Con tanti saluti alla pandemia, in una sorta di replica del bonus monopattini spuntato nel pieno della prima ondata.
In questo scenario, il tema dei ristori è stato trasferito nel campo sconfinato delle promesse, legate al decreto “finale” (nei programmi del governo) che dovrebbe mettere in moto almeno 20 miliardi di euro per i nuovi aiuti. Ma in un quadro così complesso i numeri crescono ma l’impianto è fermo. Perché al nuovo decreto serve un altro scostamento di bilancio. E lo scostamento ha bisogno di una maggioranza assoluta dei componenti alla Camera e al Senato, e quindi di un accordo politico solido sugli interventi da finanziare con il deficit aggiuntivo. E intanto bar e ristoranti restano chiusi…