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“Dopo il vivace dibattito di mercoledì sera in consiglio comunale sulla futura collocazione della Caritas nell’ormai ex convento, sento la necessità di spiegare meglio le ragioni che mi hanno indotto a condividere alcune riflessioni.

Se un intero quartiere protesta e scende in piazza significa che un disagio esiste e il dovere della politica è ascoltare le loro posizioni che non possono essere considerate pretestuose e in mala fede.

Alla Caritas, che è un’associazione che con i fatti garantisce un aiuto concreto alle fasce più fragili della nostra comunità, va riconosciuto l’alto valore sociale delle attività che queste donne e questi uomini volontari svolgono quotidianamente, dedicando il loro tempo per una nobile causa e prodigandosi nell’aiuto incondizionato verso il prossimo.

Ci sono persone nella nostra comunità che attraversano momenti difficili e dunque la solidarietà e l’aiuto attivo della Caritas può soltanto essere elogiato e supportato.

Apprezzo il valore del volontariato e io stesso nel mio piccolo, cerco come posso di fare la mia parte. Ma il punto non è questo.

Se si vuole affrontare il tema in maniera obiettiva, nel vero interesse della comunità, bisogna partire da una domanda: è davvero quello il luogo più idoneo per ospitare un centro che si occupa di persone in difficoltà? Stiamo parlando del centro storico di Cesenatico, un quartiere che, sul piano della sicurezza, solleva qualche preoccupazione. Nei giorni scorsi i giornali hanno scritto del Daspo di un anno all’indirizzo di un senzatetto di origine rumena, già noto alle forze dell’ordine per diversi reati, sorpreso ad orinare in una piazza del centro. Un episodio isolato? A quanto ci dicono molti cittadini assolutamente no. Ed è per questo che la concentrazione di soggetti in difficoltà, ma spesso borderline sul piano della legalità, non può non sollevare qualche timore.

Un altro aspetto importante, poiché il numero di famiglie bisognose è aumentato in maniera esponenziale negli ultimi anni, riguarda la discrezione e la riservatezza che certi luoghi dovrebbero garantire. Non tutte le persone in difficoltà, mi dicono i volontari, hanno piacere di esibire pubblicamente il loro momento di fragilità. E’ una questione di dignità che non può non essere rispettata. E allora, siamo così sicuri che una persona bisognosa non abbia remore a farsi vedere, in pieno centro storico, mentre attende fuori dalla Caritas un pasto caldo? Se in altri Comuni questi centri sono collocati in aree più decentrate e meno in vista, la ragione è proprio questa. Ovvero risparmiare un’imbarazzante vetrina a chi, suo malgrado, deve elemosinare una doccia o un piatto di pasta”.

Fabio Bandieri

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